LA MIA STORIA CON IL BASKET…
tutto ebbe inizio quella volta che..
…nel 1970 il mio compagno di studi Antonio Marelli mi convinse ad andare a vedere una partita di basket a Cantù.
Lui era di Cascina Amata, un paese a ridosso di Cantù, e lì, oltre a lavorare nel settore del mobile, tutti quanti “respiravano basket”…
Non a caso per Aldo Giordani (la “voce” nazionale del basket) Cantù, che poteva vantare un college in cui far crescere i futuri giocatori di basket, era in Italia la località di basket più vicina ai modello americano, e l’aveva simpaticamente battezzata Cantucky…
Io abitavo a Lurago d’Erba, ad una decina di chilometri da Cantù che a quei tempi per un sedicenne rappresentavano una distanza non da poco…quasi incolmabile… ed infatti non ero mai stato a Cantù, con gli amici magari si andava in treno fino a Mariano, al cinema…
e sì, sapevo che a Cantù una squadra aveva vinto lo scudetto del basket nel 1968 perché sul Corriere della Sera, il quotidiano che si leggeva in casa mia, era stata pubblicata una fotina con l’immagine (in piccolo) della folla festante e la notizia, nel titolo, di uno scudetto vinto clamorosamente da una squadra diversa dal Simmenthal MIlano e dalla Ignis Varese…
però non ero mai stato sfiorato dall’interesse per una partita di basket “dal vivo”…
Comunque non volli dare un dispiacere ad Antonio Marelli, che aveva insistito così tanto, era la prima giornata del campionato 1970-71… e ci andai… molto in anticipo perché la Forst Cantù giocava ancora alla Parini, e c’erano solo 1000 posti disponibili…
andammo nei distinti, avversaria era la mitica Splugen Reyer Venezia, in cui giocavano Merlati ed Ubiratan… a Cantù giocava Alberto De Simone (che tirava i liberi in modo strano, a due mani dal basso..); era uno del famoso trio (Merlati-De Simone-Burgess) detto “il muro di Cantù”, fondamentale per lo scudetto del 1968; per De Simone sarebbe stata l’ultima stagione a Cantù.
C’era Charly Recalcati, giocatore immenso, con il numero 6, ed accanto a lui c’era con il numero 14 la più brillante promessa del basket nazionale, Pierluigi Marzorati, al quale tutti pronosticavano un futuro luminoso…
in quel momento nessuno poteva immaginare che sarebbe diventato il top a livello europeo, e men che meno io avrei potuto lontanamente immaginare, in quel momento, che un po’ di anni più avanti proprio lui, Pierluigi Marzorati, sarebbe stato mio testimone di nozze…
ma andiamo con ordine…
a Cantù era arrivato quell’anno uno straniero “strappato” alla concorrenza di Milano, l’americano Bob Lienhard…giocava con il numero 13; e con il numero 8 c’era un altro giovane promettente, Fabrizio “Ciccio” Della Fiori, che giocava con occhiali spessi cerchiati di nero (per gli esperti di Fantozzi, occhiali “alla Filini”…) e mi colpì il fatto che uno così grande e grosso potesse mettersi a piangere (o quasi) nel momento in cui, dopo un errore, veniva richiamato in panchina e duramente “cazziato”…
tutto questo, il fatto cioè che a distanza di 45 anni mi ricordi ogni particolare (o quasi) di quella prima volta, beh tutto questo, dicevo, può già dare un’idea di quanto rimasi colpito da quel mio primo contatto con il basket…
qualche tempo più avanti Antonio mi “stuzzicò” ancora, e non me lo feci ripetere due volte…sugli spalti! a tifare Cantù, seconda giornata del girone di ritorno, contro la seconda squadra di Milano, la “All’Onestà”, con il mitico Joe Isaac..
insomma, il virus della palla a spicchi mi aveva già colpito…
nel frattempo a Lurago d’Erba, all’oratorio, era stato realizzato un campo da basket all’aperto, di fianco al campo da calcio…
in breve facemmo nascere una squadretta, iscritta al campionato CSI con lo stesso nome della squadra di calcio dell’oratorio, GIG, cioè Giovani In Gamba…
le magliette furono messe a disposizione da Luigi Panzeri, sindaco di Lurago, che aveva da qualche tempo avviato un’attività di abbigliamento sportivo con l’omonima tessitura…
era anche il patron di una società sportiva, l’Atletica Panzeri, con la quale fin lì avevo praticato il salto in lungo…ma il richiamo del basket, di uno sport di squadra, era più forte…
nella squadra confluirono, oltre ad Antonio Marelli, gli amici che avevano qualche infarinatura di basket… a parte i miei compaesani Carlo Conti e, successivamente, Carlo Rossini, la maggior parte provenivano da Lambrugo… tra questi Bruno Brenna.
E fu così che, quella volta…
parlando proprio con Bruno Brenna, scoprimmo che un ex cittadino di Lambrugo, Roberto Consonni, si era trasferito a Costamasnaga, aveva avviato li un’attività brillante (il termine non potrebbe essere più appropriato, una gioielleria…), ed era solito “sponsorizzare” le attività sportive, in massima parte ciclistiche, del paese… e noi eravamo alla ricerca di qualcuno che ci consentisse di fare attività con la FIP, più costosa rispetto all’attività CSI…
anche Costamasnaga, come Cantù, distava pochi chilometri da Lurago d’Erba, ma non sapevo assolutamente dove si trovasse…
me lo feci spiegare nel dettaglio da Bruno e, spinto da quello che chi parla bene definisce “spirito d’iniziativa”, ma soprattutto sospinto dal motorino che rappresentava l’unico mezzo a motore consentito a chi, come me, non aveva ancora la patente, mi “avventurai” verso l’ignota Costamasnaga, situata addirittura al di là del Lambro (!), alla ricerca del negozio di oreficeria di Roberto Consonni.
Ne uscii circa un’ora dopo, con la promessa delle divise “sponsorizzate” per la nostra squadra.
Non lo sapevamo ancora, ma era stato messo il primo mattone di quella che di lì a non molto sarebbe poi nel tempo diventata la Polisportiva Costamasnaga…
io, soprattutto, non sapevo che quel meraviglioso virus dalle sembianze di una palla a spicchi avrebbe piacevolmente “contaminato” con le sue emozioni i miei successivi (ad oggi) 45 anni…
con esperienze sempre nuove e sempre esaltanti, con i sogni, le delusioni, le frustrazioni, i successi inattesi, l’incontro con tante persone che segnano la vita in modo indelebile…
tutto questo è stato per me, finora, il basket…
una passione che è rimasta inalterata nel tempo, mai accantonata neanche nei momenti in cui gli impegni di lavoro e l’impegno sociale avrebbero potuto consigliare uno “strategico” accantonamento…
anzi, al contrario, il basket è sempre stato un valore aggiunto in molte mie esperienze sociali, nelle quali la coniugazione con il mondo della palla a spicchi ha rappresentato un elemento valoriale costante…
proprio a cominciare da Costamasnaga, con la meravigliosa esperienza cestistica iniziata negli anni ’70 che ha favorito, a partire dal 1985, il mio primo contatto con il mondo dell’impegno sociale, continuato anche dopo il trasferimento a Genova…